Realizzare la casa dei sogni da una ristrutturazione oggi è più che mai possibile. Complice anche il momento propizio del mercato immobiliare, da una parte letteralmente impantanato, soprattutto per chi vende, e dall’altra, ricco di occasioni che però devono essere valutate attentamente. E chi meglio di un architetto è in grado di interpretare le potenzialità di un immobile? Basta però non cadere nell’errore di farlo entrare in gioco ad acquisto effettuato, con la pretesa poi di fargli “aggiustare” un prodotto che di per sè non possiede quelle caratteristiche di base da plasmare successivamente.
L’architetto infatti, a differenza di altri tecnici, è l’unica figura che ha una predisposizione creativa superiore ed è in grado di coniugare al meglio le nostre aspirazioni abitative, interpretando lo spazio a disposizione in maniera ottimale. Quindi, più che mai, è la figura protagonista per la riuscita di una ristrutturazione. Conosciamo meglio questo professionista. Lo abbiamo chiesto a Tomaso Piantini, architetto di arcHITects, già ospite del nostro magazine con dei suoi interventi.
Perchè le persone si rivolgono ad un architetto secondo lei? E soprattutto come lo scelgono, per amicizia, per sentito dire, hanno visionato i lavori fatti?
La scelta dell’architetto è sempre un momento difficile per il cliente, penso che sia, almeno per il 50%, un salto nel buio, perché l’architetto dovrà prendere delle scelte che influenzeranno la vita e nella maggior parte dei casi il cliente non ha una capacità di immaginare il risultato finale, per questo tra l’altro sta avendo tanto riscontro la realtà virtuale nel nostro settore.
Parlando di abitazioni private la scelta secondo me è molto inconscia e poco razionale. Durante i primi incontri l’architetto viene pesato e misurato per capire se il suo stile di vita e la sua “visione delle cose” è compatibile con la propria e solo quando si trova una reale sovrapposizione di interessi e obbiettivi (non progettuali o architettonici) si accende la scintilla che permette all’architetto a conquistare la fiducia del committente.
Non è raro quindi che nasca una amicizia dopo il lavoro o che esista una amicizia prima della sfera professionale. I lavori passati hanno sicuramente un peso nella scelta ma credo che nella sfera residenziale siano molto meno importanti di quanto si pensi anche perché la motivazione che spinge a rivolgersi ad un architetto è quasi sempre la volontà di qualcosa di personale e personalizzato e non già visto o sperimentato per altri.
Ogni cliente arriva al momento di ristrutturare casa con la testa piena di immagini Pinterest e ritagli di giornale ma manca il direttore d’orchestra che sia capace di unire, cucire e interpretare mescolando tutto in un risultato realmente su misura. La sfida nascosta è riuscire a trovare una soluzione che sia anche funzionale! Quasi tutti i committenti arrivato dopo aver elaborato un’idea che gli ha rubato weekend interi e notti insonni ma che si sono accordi non essere la casa dove vorrebbero vivere.
Quali sono gli errori più comuni in cui cade di solito il committente?
C’è una regola d’oro che ho capito nel tempo e che riassume il primo errore più comune in cui cadono quasi tutti: dall’elenco dei desiderati bisogna togliere una stanza. E’ normale arrivare a volere una nuova abitazione capace di soddisfare ogni esigenza e ogni momento della nostra vita (e visto i costi di qual si voglia investimento immobiliare lo trovo anche corretto), ma in genere i metri quadri non riescono ad ospitare tutte le funzioni che si vorrebbero, e quasi sempre c’è da rinunciare ad una stanza per un progetto di successo!
Il secondo errore è costruire casa attorno “alla madia della nonna”. Ognuno ha un arredo storico, centenario, di famiglia da generazioni… ma non può essere in cima a tutte le esigenze (salvo casi più unici che rari). In genere il lavoro per correggere questo errore è molto lungo ma essenziale per evitare che la casa perda razionalità a causa di un bauletto dei primi del ‘900.
Volendo chiudere un podio al terzo, e meritato, posto c’è una leggerezza: dimenticarsi che la casa durerà almeno 15 anni e le esigenze cambieranno. Ad esempio avere oggi un angolo studio in più in soggiorno ti permetterà di utilizzare l’attuale studio come cameretta o lo spazio lavanderia con asciugatrice ti salverà negli umidi inverni di Milano. Ci sono tanti accorgimenti che l’architetto è capace di progettare e prevedere che molto spesso non fanno parte della prima lista dei desideri.
Secondo lei un “budget intelligente” cosa dovrebbe prevedere?
Il budget deve essere sempre intelligente e io spingo dall’inizio affinché nel budget ci sia da subito anche tutto quello che andrà a muro (vorrei chiamarla Arte ma in genere la parola spaventa). Il progetto che lavora con un budget deve essere capace di bilanciare materiali e costi per lasciare spazio ad una voce di spesa che includa arredo, lampade e quadri.
Nulla è più definitivo del provvisorio, e lasciare ad un inesistente step 2 quadri, parte degli arredi o parte delle lampade, renderà innegabilmente il progetto sconclusionato e costringerà a vivere in una casa spoglia. -20€ sul costo di un pavimento permette egregiamente di finire completamente un soggiorno.
La componente economica è un driver importantissimo e un “budget intelligente” deve dimostrare la capacità di spenderlo tutto e in modo equilibrato.
Ho più volte consigliato di usare lo smalto in parte delle pareti dei bagni per ridurre i costi di fornitura e posa delle piastrelle o di rinunciare a cucine ad isola da rivista patinata per poter avere “spazio” di spendere in un bel quadro o in una carta da parati che cambiano completamente colori ed emozioni di casa.
L’architetto non è un interior, come possiamo farlo capire? Quali sono i ruoli dell’interior e quali invece quelli dell’architetto?
Purtroppo il committente lo capisce dopo aver concluso i lavori e in genere lo dimentica prima della successiva ristrutturazione. L’architetto “modella lo spazio” e ti propone una visione di come viverlo attraverso arredi e soluzioni tecniche e progettuali, coadiuvate da materiali, finiture, mobili su misura, etc).
L’interior design fa un mestiere diverso, lavora “nello spazio” per renderlo coerente con uno stile o una sensazione che si vuole trasmettere e il lavoro dell’architetto sono i suoi vincoli esterni.
In genere cerco di spiegare la differenza in modo facile: l’architetto può pensare e fare tutto quello che l’interior design non potrà fare dopo e deve farlo in una volta sola in un ciak solo (per dirlo in termini cinematografici). L’interior può intervenire dopo, in più riprese, e in più momenti temporali, e userà lo spazio definito dell’architetto per ottenere il miglior risultato. Il lavoro è sinergico ma le due professioni hanno obbiettivi molto diversi.
La domotica vista da un architetto. Qual è la domotica reale di una casa? Lei accennava alla finestra da tetto che rileva un alto tasso di umidità e si chiude automaticamente prima che il diluvio entri dalla finestra. Altri esempi concreti?
La domotica è la paura più grande di questi anni, appena nominata sembra foriera di costi e problemi e per questo dobbiamo ringraziare una campagna di disinformazione di anni fa che ha presentato la domotica più vicina ad un gioco che ad un sistema tecnologico. Oggi invece esiste una domotica “hardware” che è intelligente da utilizzare e proporre per semplificare la gestione della casa e risolvere piccoli problemi.
Qualche esempio di domotica, che preferisco chiamare automazione: i velux capaci di chiudersi al cambio meteo, da accoppiare a tende motorizzare capaci di reagire al vento (per evitare danni) e al sole (per mitigare il l’apporto solare in estate). Sempre molto apprezzata la capacità di chiudere tutte le tapparelle con un solo tasto vicino alla porta di ingresso o di comandare da remoto l’allarme di casa. In ultimo la capacità di leggere i consumi elettrici rientra nella sfera della domotica e permette di avere vera coscienza di come funziona la propria abitazione e di come impattano le abitudini.
Architetto Tomaso Piantini di arcHITects