di Federica Mentasti.
Moreno Dalca è un designer davvero particolare: sperimenta con concept che non badano alla committenza né alle logiche della grande distribuzione. Si concentra su prodotti che sarebbero insostenibili per qualsiasi studio di design per via della loro natura eccentrica.
Non si preoccupa della sopravvivenza. Ma se lo può permettere, perché Moreno Dalca non esiste: si tratta di un personaggio di fantasia, o meglio un alter ego che Monica Ferrigno e Carlo Dameno de Ildoppiosegno usano per firmare i propri progetti sperimentali. Quelli che verrebbero immediatamente scartati in un normale contesto lavorativo ma che possono avere tanto da dire a livello concettuale.
Vincenzina, ad esempio, è l’ultima invenzione nata dalla loro ricerca creativa. Si tratta di una piccola lampada in cemento che ricorda la sagoma di una fabbrica. Il suo nome deriva da una canzone di Enzo Jannacci, della quale rievoca non solo il tema della fabbrica ma anche l’atmosfera onirica e paradossale.
Lampada Vincenzina
Si tratta in effetti di un oggetto molto eccentrico: l’idea è di convertire la luce…in luce! Il calore di una candela va ad alimentare un piccolo led creando così due fonti luminose: una naturale e l’altra tecnologica.
L’idea di produrre energia da una candela nasce come una provocazione artistica che vuole far riflettere sul fatto che elettricità non è necessariamente un sinonimo di sostenibilità.
Vincenzina è come una mini-fabbrica di elettricità, che riporta l’attenzione sul fatto che occorre energia per produrre elettricità. «Spesso si parla dell’energia elettrica come la panacea di tutti i mali, ma in realtà dipende se proviene da fonti rinnovabili» spiega Carlo Dameno.
Carlo Dameno e Monica Ferrigno
Nelle settimane di lockdown, Carlo si è trovato bloccato nel suo atelier e libero di sperimentare con forme e materiali. È ritornato quindi ad una dimensione artigianale e l’ha abbinata al fascino che coltiva fin da bambino per l’elettricità come energia misteriosa, che sembra arrivare dal nulla. E che proprio per questo si crede sia necessariamente pulita.
Si tratta di riflessioni che interessano soprattutto il mondo delle automobili e del passaggio sempre più massivo dalla benzina all’elettrico. «Questo mi preoccupa» spiega Carlo. «Da dove prenderemo tutta l’energia che ci occorre? Dove butteremo tutte le nostre enormi “pile” a fine vita?». Il suo progetto non pretende certo di risolvere il problema ma, come dice lui, può essere utile almeno “per insinuare un dubbio”.
Prototipi di Vicenzina e altre creazioni in cemento dell’Atelier.
Al di là della provocazione artistica, queste ricerche creative hanno anche il grosso pregio di poter esplorare nuove frontiere di design senza i vicoli imposti dalla committenza o dai requisiti industriali. In questo senso, Vincenzina, porta avanti una ricerca già avviata in alcuni progetti precedenti e che esplora il design della luce e della lampada senza il limite dei fili elettrici. E che cerca di riscoprire l’aspetto ‘magico’ della luce in completa libertà dagli standard industriali e tecnologici.
Due diverse tipologie della lampada Chiaraluce
La presenza dei fili elettrici rappresenta uno dei vincoli principali quando si parla di design per le lampade. «Tutti i designer vorrebbero lampade senza filo! La lampada è un oggetto, la luce un altro. Noi volevamo giocare con la luce» raccontano. Tutte le lampade nate dalla ricerca dello studio cercano di enfatizzare la componente poetica propria della luce e di nascondere o scavalcare quegli aspetti tecnici-fastidiosi ma quasi sempre indispensabili come cavi elettrici, alimentatori e interruttori.
Chiaraluce come lampada da comodino
Avevamo già parlato per esempio di Chiaraluce, una serie di lampade dal design minimalista e composte solamente da due pezzi. Qui i designer hanno cercato un’alternativa più semplice ed economica alle dispendiose fasi di assemblaggio che caratterizzano la maggior parte della produzione italiana. «Secondo noi design non è una forma bella ma è innanzitutto ottimizzare l’oggetto che si deve andare a produrre. Ci chiediamo come far costare meno una lampada, come farla produrre in meno tempo, con meno pezzi, come renderla più ecologica…» spiega Monica
Dettagli delle piste in rame sulla lampada Skin
Skin invece è una lampada in cui il filo elettrico tradizionale arriva solo fino alla base. Da lì in avanti, l’elettricità si muove attraverso una serie di piste in rame fino alla fonte luminosa. Le lamine sono integrate nel legno quasi come fossero decorazioni e passano attraverso un giunto che permette una rotazione fluida e completa dalla base.
Vincenzina rappresenta in un certo senso una continuazione di questo tema: essendo alimentata a candela non è collegata a nessun cavo e rimane un oggetto a sé stante. Permette di esplorare il tema della luce fine a sé stesso, senza il sovraccarico di componenti tecnologiche. E consente di enfatizzare invece l’aspetto emotivo legato alla luce e all’illuminazione.
Vincenzina come lampada da esterni
Al momento Vincenzina è ancora un oggetto sperimentale ma è facile immaginarne un futuro come lampada da esterni o da comodino. La combinazione di una luce calda e di una fredda – rispettivamente la candela e il led – dà vita ad atmosfere suggestive e il gesto di accendere la candela riporta a una forma di ritualità e lentezza oggi difficili da ritrovare tanto nella vita quotidiana quanto nel mondo del design.
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Per maggiori info ildoppiosegno.org
Image courtesy: Ildoppiosegno.