di Evi Mibelli.
Scrivere di Massimo Iosa Ghini costringe a un viaggio a ritroso nel tempo. Era il 1986 e da studenti di Architettura a Milano avemmo modo di conoscerci e condividere, insieme ad altri compagni di studi, idee e progetti che avrebbero determinato i singoli destini di ognuno.
Anni di fermento, di intuizioni e di visioni che di lì a qualche tempo si sarebbero incorniciati nella più grande rivoluzione di fine secolo: l’avvento di Internet. Con le prevedibili conseguenze del caso. I prodromi c’erano già tutti, a partire dalla fine degli anni Settanta: la nascita delle Tv private, delle radio alternative, un modo nuovo di pensare la comunicazione e la pubblicità, la consacrazione del design italiano a livello internazionale e l’emergere contestuale di avanguardie artistiche che si erano fatte portavoce delle inquietudini e dell’urgenza di interpretare il mondo che stava cambiando.
Al secolo i gruppi milanesi di Memphis e di Alchimia, eredi del Radical Design degli anni ’60. Non è un caso che Bologna, la città che ha visto i natali di Massimo Iosa Ghini, sia un vivacissimo crocevia di giovani underground impegnati nel mondo della comunicazione, della musica e dello spettacolo. Tanto che proprio nel 1980 nascerà il D.A.M.S. per volontà di Umberto Eco.
Massimo Iosa Ghini.
Ed è proprio dai comics che si parte. In quei racconti e in quei disegni realizzati per Frigidaire, Alter Linus, Vanity, Massimo Iosa Ghini esprime la sua personalissima ricerca in tema di segno e linguaggio. Poco tempo dopo nascerà il Movimento Bolidista di cui Massimo Iosa Ghini è tra i fondatori.
“Gli anni ’80 sono stati anni in cui è emerso il ruolo dei media e della comunicazione che influenzerà tutto il mondo della creatività e della progettazione. Si dilatano gli spazi di espressione, ci si muove in modo disinvolto da un ambito all’altro. Si indagano e sperimentano mezzi espressivi differenti. Insomma, direi che il clima era particolarmente carico di energia e di ottimismo. Il movimento del Bolidismo era legato all’idea di velocità. All’epoca non c’era ancora internet, eppure ci fu una sorta di precognizione dell’idea della simultaneità, di un mondo in cui l’informazione avrebbe viaggiato a una velocità quasi istantanea. Ovunque. E la reazione è stata quella di rappresentare la velocità dentro la fisicità degli oggetti e dei luoghi. Trasformandoli, soprattutto, in messaggi’”.
Divano Newtone, Moroso, 1989. Mostra monografica c/o Mambo, Bologna, 2014.
Non a caso verrà notato da Ettore Sottsass che lo chiamerà tra i giovani emergenti, nel gruppo Memphis per cui disegnerà, per esempio, la poltroncina Otello. Non solo. L’azienda Moroso, nello stesso periodo, realizzerà il suo primo oggetto – Poltrona Numero 1 – che di fatto è il manifesto del movimento bolidista. Da lì la collaborazione che lo porterà, negli anni a venire, ad avere visibilità e riconoscimento internazionale.
Nel 1990 fonderà lo Studio Iosa Ghini Associati sviluppando progetti che spazieranno dal mondo degli interni e dell’arredo (da Poltrona Frau a Snaidero, da Duravit a Fiam, da Dornbracht a Cassina, ecc) agli allestimenti (mostre, musei, scenografie televisive, fiere), al retail fino all’architettura. Tra i suoi lavori più noti, lo sviluppo dei Ferrari Store e Kiko Milano Store in giro per il mondo, gli interni del Brickell Flatiron a Miami, la stazione metropolitana Kropcke ad Hannover, il sistema di trasporto People Mover tra l’aeroporto e la stazione di Bologna.
Metropolitana, Stazione Kropcke, Hannover, 2000.
In pratica è la rappresentazione post-moderna dell’umanista di memoria rinascimentale. Non c’è ambito in cui Massimo Iosa Ghini non sia riuscito a portare la sua visione e filosofia del progetto. Mantenendo intatto quell’ottimismo, a tratti edonista, che gli consentirà di non perdere mai il piacere di creare oggetti e ambienti dialoganti con l’intorno e con le persone. Non c’è scala progettuale che non abbia affrontato, facendo propria la definizione di Alessandro Mendini di “architetto orizzontale”. Cioè capace di guardare il totale e non solo lo specifico.
Specchio DORIAN per FIAM, premiato con il Good Design Award 2017.
Ma com’è oggi Massimo Iosa Ghini? “Delle mie origini conservo l’ottimismo anche se, necessariamente, va calibrato allo spirito del tempo che viviamo. Trovo che l’entusiasmo sia generativo, sia l’energia che avvia il processo creativo. Una sorta di spinta istintiva che ha anche il pregio di essere autentica. Conservare questo tipo di atteggiamento è sicuramente portatore di proposte che devono misurarsi, tuttavia, con il contesto di oggi e con i problemi che pone. È importante avere un approccio cosciente sul ruolo del progetto, che non è solo creazione ma anche comunicazione e soluzione di problemi – dal rispetto delle norme, alle innovazioni tecnologiche, i materiali – in forma partecipativa.
Una visione corale dove le diverse competenze devono trovare armonia, produrre risposte armoniche con i cambiamenti. Senza però perdere identità, senza perdere il messaggio, costruito oggi più che mai, sulle immagini. “L’entusiasmo oggi è merce rara, prevale il dubbio e la paura di essere criticati. Alla fine bisogna sentirsi appagati. E non badare troppo ai giudizi. Gli oggetti, gli ambienti devono restituirti piacere. Devi essere contento di essere lì. Non basta l’efficienza e la funzionalità. In pratica mi va stretto lo status quo e penso sia fondamentale continuare a cercare strade alternative per interpretare la realtà. Perché non ne esiste solo una, ne esistono tante”.
IBM Briefing Center, Roma, 2010. Photo Studio Iosa Ghini Associati.
Oggi, in questo primo quarto di XXI secolo, ci troviamo di fronte a sfide ineludibili. In primis quella per l’Ambiente e la sua salvaguardia. Il tema della sostenibilità è centrale ma la sensazione è che venga affrontato con uno spirito quasi punitivo che contrasta, per fortuna, con la visione aperta al futuro di Iosa Ghini.
Fa proprio il tema dell’efficienza energetica e dell’innovazione tecnica, della progettazione consapevole circa gli impatti che questa genera sui contesti in cui si colloca senza, tuttavia, rinunciare all’aspetto della sorpresa e della scoperta: “La verità è che bisogna fare cose sostenibili che siano anche belle e piacevoli, non ci si può limitare al mero uso di tecnologie verdi”.
Cucina Frame disegnata per Snaidero, premio Good Design Award a Chicago nel 2018. Una raffinata espressione di immaginario domestico dai richiami classici.
È suo il concetto di architettura osmotica, una felice sintesi dove è l’ambiente che disegna l’architettura e viceversa. E a questo si affianca un’attenzione minuziosa per gli aspetti impiantistici che devono integrarsi alle esigenze architetturali. Restituendo sempre un manufatto con forti elementi visuali, linguistici ed estetici. È tempo di non costruire sempre il nuovo, (il problema del consumo di suolo, n.d.r.) ma costruire meno recuperando e valorizzando ciò che già è disponibile e richiede semplicemente di essere re-interpretato.
Divano sfoderabile FLOAT disegnato per Felis, 2023.
E cosa dire dell’Intelligenza Artificiale? La nuova frontiera del rapporto uomo-macchina e della sua influenza nella quotidianità della professione?
“È un tema forte, importante. Che richiede una riflessione profonda sull’ impatto che questa tecnologia avrà nel futuro del design e dell’architettura. È uno strumento che già si usa ma va governato, ha necessità di un ‘pilota’ che lo coordini. E a onor del vero credo che questo aspetto sia possibile e plausibile più in architettura che nel design. L’I.A. contribuirà sicuramente a velocizzare i processi legati agli aspetti tecnici, burocratici, normativi legati al mondo delle costruzioni. Temo, invece, che nel campo del design ci si confronterà con scenari dove questa tecnologia potrebbe esonerare, non so in che modo, la componente creativa umana. Sarà, questa, una sfida interessante con implicazioni che andranno ben al di là del semplice ‘produrre’. Staremo a vedere”.
People Mover, collegamento a monorotaia tra l’Aeroporto Marconi di Bologna e la Stazione ferroviaria, 2020. Photo Francesco Bosi.
In copertina, Sketch per gli interni degli Store Superga – Mostra monografica c/o Mambo, Bologna 2014.