di Denise Frigerio.
La mise en place è di fatto un processo di estetica funzionale, in cui l’eleganza si piega alle regole della praticità. Un’eredità antica che si è adattata, con charme, alle dinamiche contemporanee.
Nell’apparecchiatura ogni specifica collocazione ha un suo senso d’essere e se la società si è ampiamente evoluta dalla prima stesura de Il Galateo di Monsignor Della Casa, altrettanto ha fatto la tavola: «la sequenza con cui oggi noi riceviamo gli ospiti e la successione delle portate è figlia del primo Ottocento» sottolinea Elisa Motterle, autrice del volume Bon Ton Pop a Tavola (ed. HarperCollins).
«La mise en place è uno degli elementi chiave di un invito a pranzo o a cena, ma la premessa fondamentale è che non esiste un’apparecchiatura “giusta” in assoluto: il numero e la sequenza di stoviglie, posate e bicchieri, sarà una diretta conseguenza del menu. Il principio che deve guidare nell’apparecchiare è la funzionalità, sulla tavola dovremo trovare sempre solo ciò che è necessario al pasto, non ci saranno posate inutili e ogni cosa sarà disposta in modo da renderne intuitivo l’utilizzo».
Dunque, una geometria ragionata della tavola, dove le ragioni pragmatiche guidano i commensali nel godere in maniera facile del proprio pranzo o della propria cena, raccontando molto di un (ottimo) padrone di casa. Vediamo come.
Tavolo, tovaglia e sedie
Il tavolo deve essere pulito e, se possibile, coperto da un panno – il classico mollettone – che isoli e preservi la superficie dal calore dei cibi, smussi gli spigoli ove necessario e attutisca il rumore delle posate, come suggeriva l’elegantissima Madame Ritz, nell’Ottocento, nelle apparecchiature dell’omonimo hotel parigino.
A questo punto si stende la tovaglia, rigorosamente di stoffa – cotone o lino – pulita e ben stirata, in modo che non siano visibili stropicciature. Nei ristoranti di fine dining, il tovagliato viene stirato direttamente sul tavolo, e, fra le opzioni, è il modo più semplice per presentare un tessuto impeccabile. La lunghezza ideale dell’orlo varia fra i 30 cm e i 40 cm, ovvero la distanza fra il piano del tavolo e le ginocchia del commensale, perché gli orli lunghi fino a terra sono riservati (esclusivamente) alle tavole a buffet.
Ça va sans dire che i tovaglioli dovranno essere di stoffa e abbinati, a sinistra, ben stirati e piegati a rettangolo, come indica il galateo, o a triangolo. I posti a sedere, e di conseguenza la mise en place, devono essere necessariamente calibrati in modo che gli ospiti si muovano e mangino in maniera agevole.
Idealmente l’apparecchiatura si trova al centro della sedia, e la regola generale vuole che lo spazio adibito a ogni invitato sia un rettangolo immaginario di 60 cm di base per 45 cm di altezza, al cui centro deve essere posizionato il piatto. In cene con un elevato numero di commensali, è bene posizionare dei segnaposto, con nome e cognome dell’invitato, rigorosamente scritti a mano.
La mise en place è “relativa”
L’ordine dei piatti segue direttamente la tipologia di menu proposto, che ha un numero di portate previste da un minimo di tre a un massimo di cinque. Nelle cene formali è opportuno porre un sottopiatto, a seguire si dispone il piatto piano, quello da antipasto – se contemplato – altrimenti la fondina o la tazza da brodo, fino a un massimo di tre piatti.
Il bordo di ogni piatto si allinea con il limite del tavolo, lasciando dai 3 ai 5 cm di spazio, evitando che il piatto sia troppo vicino al commensale. Per dare un ordine di servizio: se si servono sia carne che pesce, va servito primo il pesce, mentre il dolce si porta in tavola prima della frutta. Nel caso in cui si proponga un sorbetto, questo viene portato fra la portata di pesce e quella carne. Ultimo, il piattino del pane. Si posiziona sopra le forchette, in alto a sinistra, ma se la tavola non è particolarmente spaziosa, si può sostituire con il cestino del pane.
Le posate: quali, quante e dove posizionarle
La logica di base, per la posateria, è che gli elementi più esterni sono quelli che vengono utilizzati per primi, da posizionare a 1,3 cm dal bordo del tavolo. Le forchette, solitamente due, una per il primo piatto e una per il secondo, vanno a sinistra e, a destra, il coltello con la lama rivolta verso l’interno mentre, più esterno, il cucchiaio se utilizzato.
Discorso a parte per le posate da dessert, che si devono collocare in orizzontale tra i bicchieri e il piattino del pane, con la lama del coltello dello spelucchino (il coltello da frutta con la caratteristica lama curva) rivolta verso il piatto e il manico verso destra, mentre la forchetta con il manico rivolto a sinistra. Più esterno il cucchiaino, con il manico sempre rivolto verso destra. Se ci sarà solo una di queste posate, il manico andrà sempre e solo a destra. In alternativa, si portano in tavola insieme al dolce.
A seconda del tipo di apparecchiatura i rebbi delle forchette andranno rivolti verso l’alto, stile inglese, o verso il basso, apparecchiatura francese. Quest’ultima, in tempi più charmant, serviva per mostrare lo stemma nobiliare impresso, appunto, sul retro della posata.
I bicchieri
I bicchieri che si possono disporre a tavola sono un massimo di 5, ma, a meno che si tratti di uno spazioso tavolo imperiale, si dispongono solo quelli necessari. Per collocarli in maniera corretta si posiziona per primo il bicchiere dell’acqua, perfettamente perpendicolare alla punta del coltello, a una distanza di 2 centimetri. In sequenza vanno collocati, alla destra, quelli per il vino: prima il calice del rosso, poi quello per il bianco, seguendo una linea obliqua ideale, a partire dal bicchiere per l’acqua. L’eventuale flûte andrà tra i due del vino, sopra il bianco.
Una chiosa per i calici: per i vini bianchi leggeri si utilizza il calice a tulipano, per quelli più strutturati il calice renano, mentre per i rossi, dipende sempre dalla tipologia di vino servito: baloon per i rossi leggeri, borgogna per i quelli corposi e gran baloon per gli invecchiati.
Nel caso in cui si posizioni il bicchiere da dessert, viene utilizzato il flûte a stelo lungo e calice stretto per gli spumanti secchi, la coppa per gli spumanti dolci. Il bicchiere da liquore, invece, va portato in tavola con il dessert. Nel caso in cui si apparecchi con il coltello da pesce, quindi di dimensioni inferiori, va sempre considerata l’altezza del coltello grande come punto di riferimento.
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