L’artigianato guarda alla magia della trasparenza con la curiosità di un bambino e trova la sua rappresentazione più charmant nelle capacità di due veri e propri artisti: Laurence Brabant e Alain Villechange. Attraverso le loro opere racchiudono il visibile e l’invisibile, plasmando uno dei materiali più sognanti e delicati, da sempre sinonimo di una lavorazione di altissimo livello. Un design handmade caratterizzato da vivacità e grazia, un “gioco” serio ed elegante: benvenuti nel regno del vetro. Alle nostre curiosità, su una produzione così poetica, risponde Laurence Brabant.
Perché hai scelto di utilizzare il vetro?
In realtà, la mia scelta originaria non aveva nulla a che fare con il vetro. È iniziata per caso. Da giovane mi trovavo in vacanza nel nord della Francia e alcuni pezzi di stoffa stesi al sole e al vento avevano attirato la mia attenzione, mentre giocavo: mi affascinava il modo in cui la stoffa, da bagnata, appariva quasi trasparente e poi, grazie al sole e all’aria, man mano che si asciugava diventava sempre più opaca. Poi, se bagnata di nuovo, la magia ricominciava da capo.
Questa trasformazione fra visibile e invisibile, operata dagli elementi circostanti che tanto mi aveva attirato, poteva essere ricreata da un solo materiale: il vetro. Può infatti diventare assente, cambiare e mostrare tutto, ogni dettaglio, in modo estremamente dinamico, proprio come quei panni al vento. È un materiale che per sua natura ci sprona a trasformarlo e a usare questa sua malleabilità per trovare nuove soluzioni. Queste caratteristiche contribuiscono all’estetica e all’ingegnosità dei nostri oggetti. Un “gioco”, come la stoffa bagnata al sole: giochiamo con il vetro.
Bicchieri Decales.
Qual è la tua ispirazione, l’anima del tuo lavoro?
Sicuramente i paesaggi in cui sono cresciuta, quelli della Côte d’Opale sul Mare del Nord. Piogge, venti, il mare mutevole e le diverse luci: elementi sempre in moto. In quei luoghi c’è movimento che forza il cambiamento, l’adattamento e l’osservazione di ciò che ci circonda. Il movimento è vita, vita pura. Quindi, anche se in passato ho sperimentato con carta e tessuto, materiali morbidi, l’incontro con il vetro è stato quello decisivo. Alcuni dei miei primi progetti sono anche stati ispirati da attrezzature di laboratorio. Questo perché mi piace molto osservare quegli strumenti, dato che il loro uso è legato a utilizzi e manipolazioni specifiche e richiamano sempre l’idea, per me fondante, di trasformazione.
Ma fanno anche riferimento alle proprietà chimiche e fisiche del vetro, alla sua tenacia agli agenti chimici e alla fiamma diretta, ovvero la resistenza al calore, che lo rende particolarmente adatto a tipologie di oggetti come, ad esempio, le teiere. Il movimento, la trasformazione e il vetro stesso inteso come materiale e le sue proprietà: eccola l’anima del mio lavoro, tempestosa e resistente.
Da sinistra a destra: decanter con effetto ottico O, bottiglia con pipetta per servire aceto o salsa di soia Sans Piper Mot, saliera En Coulisses, tappo Entracte, bottiglia con sfera per misurare 3cl X 3cl, caraffa Manche a eau.
Per quali oggetti pensi che il vetro sia più adatto?
Secondo me la qualità del materiale liscio e incolore favorisce particolarmente i giochi fra il contenitore e il suo contenuto. Grazie alla trasparenza, il contenuto è visibile e, allo stesso tempo, rende evidente anche la forma del contenitore stesso, come ad esempio la caraffa Bavarde.
Questa caraffa è, infatti, un oggetto allo stesso tempo funzionale, ricreativo e educativo: mostra in maniera chiara e giocosa il principio dei vasi comunicanti. In questo tipo di progetti, il design sembra quasi scomparire: incolore, senza ingombro visivo e quasi senza confini, si rivela quando viene usato. È sia silenzioso che espressivo, sia materiale che immateriale, sia contenuto che contenitore.
Caraffa Bavarde.
Qual è un’opera di cui sei particolarmente orgogliosa?
Direi le scodelle Bol Noir, perché dimostrano un aspetto molto importante della lavorazione del vetro: quello della tecnica. È sempre stimolante interrogarsi su di essa. Queste scodelle, pezzi unici, dimostrano una rielaborazione del patrimonio del vetro. Alain ed io siamo stati invitati alla Glass Art Society di Murano nel 2018 per una dimostrazione di questa parte del nostro lavoro: creiamo rotture nel ritmo regolare e continuo del vetro, e questo modo di modificare il modello offre infinite variazioni possibili, giocando con la luce e la geometria del vetro.
Lavorazione di una scodella Bol Noir da parte di Alain Villechange.
Laurence Brabant e Alain Villechange.
In copertina, ensemble delle creazioni di Laurence Brabant e Alain Villechange.