Eclettico, accurato e ingegnoso Cristian Visentin, classe 1972, si occupa di industrial design spaziando fra generi, materiali, ispirazioni e prodotti. Nato a Varese si laurea presso il Politecnico di Milano in Design e da qualche anno ha avviato il proprio studio a Pavia, concentrandosi su industrial design, grafica, arredamento di interni e architettura. Che si tratti di progetti per la tavola, furniture o product, nelle sue opere ricerca sempre la qualità del prodotto e l’attenzione, concreta e impegnata, alla sostenibilità dei progetti realizzati.
Qual è il cuore del tuo design? Cosa porta, intrinsecamente, negli ambienti in cui viene utilizzato?
La mia idea, quando disegno i miei prodotti, è quella di portare una novità che sia in grado di emozionare chi andrà a utilizzarli nella vita di tutti i giorni, senza però tralasciare mai l’aspetto funzionale, che deve essere sempre presente in ogni caso. Presto sempre molta attenzione alla qualità e alla progettazione degli oggetti che creo, perché penso che sia più importante dare un valore affettivo, personale, a ciò che ci circonda, anche quando è inanimato. Inoltre, maggior qualità vuol dire anche maggior durabilità nel tempo, che ritengo fondamentale nell’ottica di un serio sviluppo sostenibile.
Nest, linea da tavola in ceramica con decorazioni a mano ispirate dai tetti dei templi buddisti, realizzata per Altromercato.
Nel percorso che porta alla creazione di un prodotto, qual è il momento più importante?
La parte di tutto il processo produttivo che mi sta più a cuore è sicuramente quella iniziale di ogni progetto, ovvero quando si sviluppa l’idea di fondo, che prenderà forma nel prodotto finale, grazie al dialogo con l’azienda. È un momento prezioso pieno di potenzialità e collaborazione. Io, infatti, in quanto industrial designer che lavora a stretto contatto con le aziende, do molto valore al confronto con il cliente, che è per me fondamentale per far si che l’oggetto finale non sia sterile, ma il prodotto di un vivo scambio e dialogo, con una storia e un’origine.
Quando si trova questo scambio reciproco e costruttivo fra le due parti, designer e cliente, allora tutti gli altri momenti della progettazione sono superabili, compresi quelli più critici. Di solito, i problemi nascono per una comunicazione poco chiara tra le due parti e per i fraintendimenti che ne possono conseguire, oppure per limitazioni tecniche o economiche, entrambi superabili o comunque affrontabili in presenza di un dialogo chiaro e costruttivo.
Oil & ace, contenitori in vetro per condimenti. Il tappo triangolare quando ribaltato funziona anche da imbuto per facilitarne il riempimento.
Qual è l’elemento più importante, centrale e immancabile nelle tue opere, ciò che le rende tue?
Ogni nuovo progetto è una nuova sfida e un lungo viaggio, come tale nessuno è mai uguale all’altro. Per questo non c’è un elemento che li accomuni come oggetti o che identifichi me in quanto designer dell’opera: il mio obiettivo non è far sì che la mia identità sia la prima cosa visibile ed evidente, ma essere riconosciuto per la qualità del progetto, sia per l’utilizzo delle giuste proporzioni che per i materiali usati, rispettosi della natura del progetto e dell’ambiente, in modo da creare sempre un equilibrio fra le pari.
Ecco, diciamo che ciò che voglio imprimere nell’opera non son degli elementi specifici, quanto l’uso finale che ne viene fatto, il che ovviamente cambia sempre in base al progetto. Inoltre, lavorando con le aziende, è sempre importante far emergere le caratteristiche tipiche dei clienti che cambiano di progetto in progetto, e non andarle a incanalare tutte in una mia visione unica e inflessibile.
Ritratto di Cristian Visentin.
In copertina, Tagè, ideato dallo Chef Gennaro Esposito e studiato per la realizzazione di un raffinatissimo pre-dessert che può essere riscaldato con una candela direttamente a tavola.