di Evi Mibelli.
Vincent Van Duysen è considerato tra i più influenti architetti della sua generazione. Nasce a Lokeren, in Belgio, il 21 aprile del 1962. Studia architettura a Gand, dove si laurea, ed entra nello studio di Aldo Cibic, che lavora a stretto contatto con la Sottssas Associati, nel 1987. Il linguaggio a colori di Memphis, di Alchimia e la loro carica simbolica post-moderna affascina il giovane Van Duysen, eppure, la sua idea di architettura viaggia, sin da subito, su una dimensione completamente diversa.
Ama l’Italia, la sua storia, l’arte, l’architettura, i grandi maestri del design, lo stile di vita. È un assiduo frequentatore del Bel Paese, crea legami di amicizia e di lavoro che sono tutt’ora in corso.
Vincent Van Duysen nel suo studio di Anversa dove si avvale di un team composto da 20 collaboratori
Nel 1990 apre ad Anversa il suo Studio, occupandosi prevalentemente di architettura residenziale.
“La casa per me è un luogo dove poter dimenticare la frenesia del quotidiano fatto di impegni, spostamenti, incontri, lavoro. Quando torniamo a casa desideriamo riposo, quiete, serenità. Cerchiamo ambienti accoglienti e caldi. Sin da quando ero un giovane architetto ero attratto dalle case, dagli spazi privati dove le persone vivono. Per me è importante capire come le persone si muovono nella casa, quali sono le loro intime necessità e desideri, come pensano”.
Ritroviamo in questa attenzione all’umano “sentire’’ qualcosa di molto particolare, che rende il suo segno inconfondibile: è l’equilibrio tra ciò che potrebbe essere archetipo universale fatto di geometrie, materiali, volumi e un’identità riconducibile a una propria storia di influenze e di memorie.
Dettaglio del living della casa di Vincent Van Duysen ad Anversa. I soffitti raggiungono l’altezza di 4,30 mt. Le pareti a gesso con finitura ruvida sono color osso, i pavimenti in legno chiaro, coperti da tappeti in lana. L’arredo è composto da mobili diversi tra cui pezzi originali di Pierre Jeanneret. Il living affaccia sul patio esterno (fotogramma – House of Molteni, Molteni&C).
Il patio esterno (fotogramma – House of Molteni by Molteni&C)
Qualcosa che lo lega alla sua origine fiamminga, alla luce di questi luoghi, alla magnifica pittura che ha regalato istantanee, in punta di pennello, di interni laici di operosi mercanti che segnarono la storia cosmopolita e la ricchezza di questo angolo d’Europa.
È chiaro visitando Anversa – un autentico gioiello di città anseatica, crocevia di scambi e di coesistenze culturali – ancor più se si spiano gli interni della casa di Vincent Van Duysen. Così come quelle dei suoi clienti. Tutto ruota intorno alla luce, alla struttura, all’idea di comfort, allo spazio. Ricorrendo a una progressiva sottrazione di segni. Fino a ottenere un distillato che è essenza e purezza ma pure ricchezza, colore e sensualità della memoria.
Di fatto genera spazi senza tempo. Una sorta, come lui stesso definisce, di silenzio visivo che pacifica cuore e mente. Non ha nulla del minimalismo di maniera. I suoi spazi, al contrario, sono densi. Interni semplici, raffinatissimi, a tratti calvinisti ma senza quel monito privativo che il parallelo potrebbe suggerire.
Visione d’insieme del living della casa di Vincent Van Duysen ad Anversa. Foto Manolo Yllera
“Uno dei miei riferimenti è Jean Paul Frank. I suoi interni erano perfetti, bellissimi, sontuosamente minimali, giocati su pochi materiali magnificamente combinati tra loro. Eliminava l’eccesso per creare un’atmosfera sospesa fatta di calma e quiete. È molto vicino alla mia sensibilità progettuale. Il tutto, alla fine, si risolve nel comprendere quali siano gli elementi di cui abbiamo davvero bisogno per vivere bene. Non c’è bisogno di chissà quali materiali, oggetti o colori. I colori ci arrivano dalla vita che ci circonda, dai materiali con cui entriamo in contatto, dalla luce”.
La luce, per Vincent Van Duysen, ha un ruolo fondamentale, così come l’uso dei colori e della materia. Gli accostamenti sottolineano una padronanza assoluta sia sul piano compositivo e spaziale sia su quello sensoriale.
“Esiste sempre la volontà di unire l’idea tradizionale di una casa, la sua essenza, superando gli stereotipi e ricomponendola in modo inedito e attuale”. Ciò che deve rimanere intatta è l’identità, quel genius loci che la colloca in un contesto geo-culturale unico, definendone l’anima profonda e, al contempo, essere rappresentativa del “chi siamo” attraverso lo spazio costruito intorno alla nostra intimità, al nostro privato.
Iluminazione a binario Infra-structure disegnata per FLOS, 2016
Emerge un fattore importante del suo modo di approcciare il progetto. È la scala. Ha una capacità funambolica di passare dal macro al micro, e viceversa, con una coerenza che si potrebbe definire matematica, al confine con l’ascetismo.
“L’architettura, per me, contiene davvero tutto: dalla maniglia, ai materiali costruttivi, alle stoviglie, ai tessili… alla Natura, che è parte del paesaggio ed è filtro osmotico tra il dentro e il fuori. E viceversa. L’abilità è mantenere la capacità di leggere in modo chiaro tutto ciò che concorre alla sua definizione, indipendentemente dalla scala. Il punto focale resta sempre e comunque comprendere le persone e il loro vissuto, arrivando a consegnare uno spazio fisico che rispetti le intime aspettative di rappresentazione di sé. Gli ambienti, visti dall’esterno, appaiono semplici ma sono il risultato di un alto livello di dettaglio e di complessità”.
Cucina VVD disegnata per DADA, 2016
Il suo rapporto con il design è, quindi, parte integrante di un concept, di un linguaggio universale che pone al centro l’uomo e la sua relazione con lo spazio, la natura, i sensi.
“Funzionalità, comfort, durabilità, sostenibilità… Il mio approccio progettuale copre tutti gli aspetti del design, nel rispetto del contesto e della tradizione. I sensi e l’esperienza fisica di uno spazio, o di un contatto con gli oggetti, con i materiali, con la luce pongono l’uomo come fulcro intorno al quale costruire l’Abitare. Il mio progetto è ‘organico’. Dovremmo coltivare più consapevolezza su quanto sia importante la qualità e la bellezza di un buon design. Non da meno l’artigianalità che deve essere valorizzata, unitamente alla grande opportunità offerta dalle tecnologie che assicurano performance innovative agli oggetti e agli arredi”.
A sinistra, poltrona da giardino della coll. PABLO di B&B Outdoor, 2022. A destra, divano in tessuto a tre posti COUSY, disegnato per Arflex, 2006
Tutti i suoi progetti sono tra loro connessi da un unico filo conduttore: l’uso di materiali puri e tattili di cui esalta la bellezza naturale. Pietra, legno, cemento, terra: non di meno la Natura gioca un ruolo fondamentale nella percezione degli spazi. E pure degli oggetti.
Ne è esempio emblematico la casa costruita a Melides in Portogallo, dove l’architettura è scarna, cristallina nelle sue proporzioni e nei suoi volumi, in perfetta sintonia con il paesaggio e con l’ampiezza dell’orizzonte che si perde sull’oceano Atlantico. Il rapporto tra il dentro e il fuori è simbiotico. La Natura è come dipinto vivente.
Casa M, a Melides, in Portogallo. 2019-2020. (Foto da Salone del Mobile, Milano)
Inutile sottolineare come Vincenti Van Duysen abbia conquistato, meritatamente, la ribalta internazionale che gli ha tributato riconoscimenti e numerose collaborazioni con le principali aziende del design. Ha disegnato per B&B, Fantini, Olivari, Kettel, Arflex, Sahco, Hermann Miller Flos, Poliform, Paola Lenti, Serax, e molti altri.
Non di meno è stato protagonista di monografie a lui dedicate, così come destinatario di premi prestigiosi, tra cui il Premio della cultura fiamminga per il design, il Premio Henry Van de Velde alla carriera, nel 2019. Come architetto ha lavorato in tutto il mondo per committenti privati, brand commerciali, allestimenti fieristici.
Rubinetto a tre fori disegnato per Fantini, Coll. ICONA CLASSIC e Coll. ICONA DECO, 2016
Dal 2016 è art director di Molteni & C e Dada, una collaborazione che lo ha visto impegnato nella cura dell’immagine globale attraverso la progettazione di negozi monomarca (tra cui il flagship store di New York sulla Madison Avenue), stand fieristici e nuove collezioni.
“La maggior parte dei miei interlocutori è sempre stata attratta dal mio lavoro di architetto. Ed è quello che è avvenuto con Molteni. Il primo prodotto che ho disegnato è stato il divano Paul. Semplice e lineare ma rivisto sul piano dimensionale, puntando sui dettagli. Ne è derivato un prodotto di successo per la sua apparente e sofisticata eleganza. Non sono un designer per amore del design. Detesto la parola ‘tendenza’ e penso che Paul incarni proprio questo mio rifiuto a creare una tendenza. Punto sempre alla purezza e all’essenza in tutto ciò che faccio. Che sia un oggetto o una architettura”.
Questo è l’aspetto che emerge in tutta la sua produzione. Il legame indissolubile con l’architettura. Indipendentemente che si occupi di arredo, di oggettistica, di illuminazione.
Divano a tre posti PAUL, disegnato per Molteni&C, 2016
In copertina, Vincent Van Duysen (House of Molteni, by Molteni&C)