di Federica Capoduri.
Mosso da una spiccata curiosità per il mondo dell’arte, Leonardo Fortino (classe 1986) dopo un diploma in chimica decide di studiare Industrial Design per esplorare in modo creativo le relazioni tra i materiali. Durante gli studi sperimenta l’autoproduzione, che approfondisce in seguito con diverse collaborazioni come art director, product e interior designer. I suoi prodotti sono stati esposti alla Triennale di Milano, alla Tent London, al Cafa Art Museum di Pechino e altre gallerie internazionali.
Dalla Calabria ti sposti a Roma, dopodiché a Milano: un’autentica passione per il design ti ha spinto a risalire l’Italia.
Fin da ragazzo quando disegnavo, costruivo e sperimentavo, il mio unico pensiero era il “fare”; vedere ultimata la mia opera. A un certo punto ho intuito che disegnare e costruire potevano essere una professione: da perito chimico e artista, mi sono accorto di come i designer possano coniugare conoscenza e scelte dei materiali in una forma estetica e/o funzionale.
Crotone, Roma, Berlino e Milano; ognuno di questi centri mi ha permesso di conoscere questa professione e comprendere diversi approcci di gestire e realizzare un prodotto.Anche scoprire quanto amo gli artigiani calabresi e al contempo la tecnologia avanzata delle regioni del nord.
Ogni volta mi trovo profondamente influenzato dal luogo in cui mi trovo, ma il desiderio di esprimermi – che di volta in volta può assumere dei linguaggi diversi – rimane uguale.
Land Lamps, lampade autoprodotte, personalizzabili nel soggetto che sta in cima al paralume, stampate con tecnologia 3D
Come un giovane Mendini (ironico e lieve, ma ragionato), dal tuo portfolio si percepiscono queste diverse sfumature d’approccio. Una su tutte: la voglia di raccontare storie.
In tutti i miei progetti c’è la voglia di raccontarmi e di comunicare attraverso prodotti nati da un’esigenza pratica o di comunicazione. Ad esempio il progetto Land Lamps, stampate tridimensionalmente, intende raccontare le storie di chi possiede quest’oggetto. Ognuno di noi ha una storia da raccontare, una storia vissuta o da ricordare, proprio come un “C’era una volta”. Le persone s’innamorano del progetto perché vedono al suo interno una storia, la loro storia.
Joe, appendiabiti per Covo
Ti soddisfa molto anche poter rendere personalizzabile un prodotto.
Mi piace ragionare attorno a oggetti industriali ma nello stesso tempo intimi e personali, dove la personalizzazione e il “su misura” restino sempre alla portata di tutti. Se a questi si unisce anche l’aspetto del racconto, la formula è perfetta.
Il mio progetto di lampade personalizzabili suggerisce un metodo per far parlare un oggetto di sé stessi, e suggerisce inoltre l’idea di rendere più intimo un prodotto industriale in larga scala. La tecnologia 3D lo rende un prodotto dinamico e in continua evoluzione, dove il cliente può stravolgere totalmente l’estetica di partenza dell’oggetto e renderlo adatto a ogni ambiente, sia privato che pubblico. Dipende dalla storia.
Helios, sedia autoprodotta per Spigoli Vivi
Come una scena teatrale, propendi al dialogo luce-ombra, agli spazi da riempire, agli angoli da osservare.
Il teatro come strumento di presentazione e rappresentazione mi affascina, è un mezzo di comunicazione che enfatizza le peculiarità del messaggio. Il teatro può inoltre avere diverse sfaccettature di lettura, così come il progetto è sempre percepito e interpretato in modo personale, dalle emozioni che ci evoca, fino al senso di benessere che produce.
Ad esempio in Helios, che si trasforma da sedia a comodino con luce, ciò che viene percepito dall’utente cambia in funzione di quello che comunica il prodotto. La luce, come nella scenografia di un teatro, avvolge, trasforma e trasmette calore inversamente alla funzione di sedia che invece può risultare fredda e statica, mantenendo comunque la sua intrinseca funzionalità.
Tink, orologio autoprodotto per Spigoli Vivi
Stick, lampada autoprodotta per Spigoli Vivi
Come vivi “l’ansia del progettista”; quella paura dello stravolgimento dell’idea, del non esser capiti, del fallimento…
L’ansia e l’insoddisfazione di non essere riusciti a trasmettere a pieno ciò che abbiamo dentro, c’è sempre. Ma un progettista deve darsi una tempistica e buttar fuori il progetto, anche se a volte il risultato non è quello desiderato per via di limiti economici o di gestione. Seppur il designer sia mosso in primo luogo dalla voglia di progettare qualcosa per sé stesso, che successivamente condivide con l’esterno, nella maggior parte dei casi deve progettare per gli altri e confrontarsi con richieste ed esigenze svariate.
Slash, tavolo per Lago
Bisogna accettare il fatto che il prodotto disegnato non sarà mai perfettamente adatto a tutti i vincoli di progettazione. Credo sia importante superare queste ansie, ma non del tutto, per mantenere alta la soglia di attenzione e fare tesoro dei piccoli fallimenti affinché ci aiutino a modificare e a migliorare il progetto e se stessi.
Otto (orologio), Ettore (tavolino) e Camilla (lampada) per Formae Collection
In copertina, il designer Leonardo Fortino