ritratto greta magnusson grossman

Icone di Design – Greta Magnusson Grossman

di Evi Mibelli.

Svedese di nascita, californiana d’adozione. Il suo inconfondibile talento e stile progettuale ha conquistato le star di Hollywood, i ricchi produttori delle Major e i magnati della finanza di Beverly Hills. Eppure, è marginalmente citata nella storia del Modernismo americano, salvo ricordarla per alcuni iconici pezzi di design conservati nei più importanti musei del mondo, tra cui il MOMA.

Greta Magnusson è stata, invece, molto più delle sue magnifiche lampade Grassopher e Cobra. Ha influenzato in modo indelebile l’architettura americana della metà del secolo scorso – a partire dal 1940 al 1960 – trasferendo nelle sue opere modernità e senso pratico in una sintesi ineguagliata per sensibilità e stile.

Lampada Grässopher disegnata da Greta Magnusson Grossman per Ralph O. Smith, Burbank, California, 1947-48. Mostra presso R & Company, New York, 2019.
lampada grassopher

Nasce il 21 luglio del 1906 a Helsinborg, in Svezia. Fin dall’infanzia esprime una inclinazione spiccata per l’arte, il disegno, l’architettura. A favore dello sviluppo di questi talenti concorre la stessa famiglia, dove il nonno paterno era costruttore e al quale deve, come ricorda lei stessa: “La mia incondizionata passione per il legno. Ce l’ho proprio nell’anima.

Si diploma in una scuola superiore femminile per poi fare apprendistato in falegnameria presso un produttore di mobili locale. Tale è la passione per l’arredamento e il design industriale che decide, con il benestare della famiglia, di trasferirsi a Stoccolma per frequentare la Scuola superiore di Arte Industriale e seguire autonomamente le lezioni di architettura di Erik Gunnar Asplund presso Istituto Reale di Tecnologia.

Cassettiera, design Greta Magnusson Grossman per Glenn of California, 1951. Lampada da tavolo Cobra per Ralph O. Smith, 1950. Photo Sherry Griffin/R & Company.
cassettiera e lampada cobra

Si dedica alla ceramica, alla lavorazione dei metalli e al mondo tessile, compiendo un percorso multidisciplinare che le consentirà di padroneggiare ogni ambito dell’architettura e dell’interior.

Inutile sottolineare, infine, la sua propensione per la ricerca che la condurrà a leggere e a interessarsi alle correnti del Deutscher Werkbund e del nascente Movimento moderno. Andrà, grazie a una borsa di studio nel 1931, a Vienna e a Stoccarda, e nella primavera del 1933 aprirà insieme a un suo collega della Scuola Superiore d’Arte Industriale, uno studio specializzato in mobili e accessori per la casa a Stoccolma.

Fu un successo, e divenne un punto di riferimento per i designer emergenti e luogo di incontri culturali intorno all’architettura e alle arti. Nello stesso anno sposerà Billy Grossman, jazzista di talento. Il clima europeo, nel frattempo, diventa sempre più ostile a chi, come Billy, è di origini ebraiche e pertanto la coppia decide di emigrare negli USA, attraversando prima l’Unione Sovietica per poi proseguire navigando nel Pacifico fino a San Francisco. Era l’estate del 1940.

Mostra “Modern Makes Sense” – Greta Magnusson Grossman, 2019, R & Company, New York.
mostra modern makes sense

L’accoglienza fu positiva e nel giro di pochi mesi Greta Magnusson Grossman aprì un negozio di arredamento in Rodeo Drive a Beverly Hills, grazie all’incontro con un imprenditore di mobili di Los Angeles. In meno di due anni, entrò in contatto con la più vivace comunità del design californiano e trasferì il suo studio a Hollywood dove avvenne il salto professionale che aspettava da tempo.

Fu scoperta da un talent scout della Barker Brothers, un negozio di arredamento per la casa posizionato nel centro di Los Angeles e divenuto il più grande store al mondo, grazie a una politica commerciale che proponeva direttamente partnership con i maggiori costruttori locali. Una sorta di contractor ante litteram.

La Barker Brothers, inoltre, si rivelò particolarmente aperta e sensibile al design moderno e la Magnusson non poteva non cogliere l’occasione per esprimere la sua visione avanguardista in tema di design.

La villa Magnusson Grossmann di Wayncrest Drive, Beverly Hills, 1948-49. A sinistra l’interno originale dell’epoca, a destra la recente ristrutturazione avvenuta nel 2011. Photo Hilton & Hyland.
villa magnusson

Casa Magnusson Grossman di Waynecrest Drive in Beverly Hills, 1948-49. Photo Julius Shulman.
foto casa magnusson

La filosofia progettuale di Greta Magnusson affermava che: “il design deve rappresentare lo spirito del nostro tempo coniugando più fattori umani per definirsi sia sul piano estetico, sia su quello pratico e quotidiano”.

Ergonomia, benessere, interazioni sociali: tutto doveva entrare a definire lo sfondo delle attività giornaliere delle persone e presentarsi in forme e materiali naturali, ambientalmente armonici. L’idea era di proporre arredi belli, comodi, accessibili economicamente, mantenendo fede al principio che il design deve essere, soprattutto, democratico.

Casa Magnusson Grossman a Beverly Hills, 1948-49. Interno della cucina. Photo Julius Shulman.
cucina casa magnusson

Per Barker Brothers concepì un progetto espositivo definito “Set per interni” che si rivolgeva a clienti che non si limitavano a comprare mobili ma erano alla ricerca di idee per l’arredamento dell’intera casa. In sostanza Greta Magnusson anticipa di ben 40 anni l’idea espositiva vincente di Ikea.

Nel frattempo, si guadagna l’interesse e la stima di clienti davvero importanti legati al mondo del cinema. Star come Joan Fontaine, Frank Sinatra, Paulette Goddard ricorrono alle sue competenze per costruirsi casa.

The Backus House, Bel Air, Los Angeles, 1949-50. Photo Donald J. Higgins.
the backus house

backus house living

Attirò anche l’ammirazione e l’interesse di architetti modernisti del calibro di Gregory Ain e Paul Lazlo con i quali intraprese diverse collaborazioni.

Verso la fine degli anni ‘40 orienta il proprio interesse all’architettura e nel giro di dieci anni porterà a compimento ben 28 case a Los Angeles, la maggior parte delle quali ubicate su lotti panoramici con vista su canyon e colline, prediligendo progettazioni costruttivamente ardite dallo stile ultramoderno.

Esemplare, per esempio, la sua villa privata di Beverly Hills, in aggetto su un lato e ancorata alla roccia sul fronte opposto. E la distribuzione interna meravigliosamente risolta in un continuum visivo su più livelli. Inutile sottolineare che i progetti di queste residenze si presentavano studiati sino al minimo dettaglio d’arredo, comprese le posate del tableware.

Villa su Claircrest Drive, Beverly Hills, 1956. Photo John Hartley.
villa beverly hills magnusson

particolari villa beverly hills

Negli stessi anni insegna all’Art Center College of Design di Pasadena e alla UCLA, integrando l’attività di architetto con attività didattiche e culturali. Ma a partire dagli anni ‘60 si fa spazio nelle sue parole una sorta di disillusione: Abbiamo perso la ricerca di un design che si conformi al tempo in cui viviamo. Quello che vedo oggi non parte dall’interno, ma dall’esterno. Non c’è più originalità, non c’è più creatività.

Poco dopo dall’ultima intervista rilasciata al Los Angeles Times nel 1960, Greta Magnusson con Billy Grossman si trasferisce a San Diego, tagliando i ponti con l’industria del design e la rete di amici e collaboratori legati a quel glorioso periodo della sua carriera. Da questo momento smetterà di progettare, dedicandosi alla pittura. Morirà nell’agosto del 1999.

Mobili e lampade esposte presso la Galleria R & Company, New York, Mostra “Modern Makes Sense” Greta Magnusson Grossman, 26 giugno-22 Agosto 2019.
mobili e lampade magnusson

In copertina, Greta Magnusson Grossman, photo archivio R & Company.

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