di Evi Mibelli.
«No, non chiamatelo stilista, Elio era un sociologo, uno psicologo della moda, un viaggiatore visionario che ha insegnato alla società a nutrirsi di bellezza. Con le sue creazioni ha scritto un trattato sul costume, ha inventato il Made in Italy».
Sono le parole di Oliviero Toscani che di Elio Fiorucci fu amico e compagno di lavoro. Una sintesi molto acuta che, tuttavia, riesce solo in parte a dare la misura della sua folgorante genialità innovatrice. Era imprenditore intelligente, un comunicatore nato, un formidabile talent scout. Difficile trovare in un solo uomo tante qualità in forma di eccellenza.
Ci troviamo, in questi giorni, nel pieno della design week milanese e mai momento migliore poteva capitare per parlare di lui. Lo ricordo tanti anni fa quando ebbi la fortuna di intervistarlo nel suo ufficio sopra lo storico negozio di Piazza San Babila. Oggi avrebbe compiuto 88 anni, essendo nato a Milano il 10 giugno del 1935.
Lo storico logo Fiorucci disegnato, nel 1970, da Italo Lupi
Per farsi un’idea di chi fosse tornano buone le parole con cui Enzo Biagi si espresse per descriverlo in un famoso articolo sul Corriere della Sera: “L’uomo che ha distrutto la moda, per rifarla a modo suo”.
Non è andata esattamente così. Elio Fiorucci ha fatto altro, ha distrutto la formalità, la rigidità, le convenzioni della moda. Raccontava di come, in Galleria Vittorio Emanuele e sotto i portici che dal Duomo arrivano a Piazza San Babila, ci fosse una lunga serie di vetrine pompose e snob e di come l’apertura dello storico store Fiorucci fosse qualcosa di inatteso e spiazzante.
Il brand store BIBA di Londra, aperto da Barbara Hulanicki, in Abingdon Road, 1964
La sua idea di moda partiva da un approccio anarchico, aperto e non preconfezionato, ovvero “crea il tuo stile, abbina, sperimenta, vestiti come ti piace e sii felice“. Lo stile ‘Fiorucci’ nasce per caso, quando Elio, figlio di un commerciante milanese di pantofole, s’avventura nella Londra della metà degli anni ’60.
È la Londra dei Beatles, di Mary Quant, del mitico negozio di Barbara Hulanicki, il Biba in Abingdon Road. Cosa aveva di così speciale questo luogo da impressionare Elio Fiorucci? Fu il primo departement store a proporre un’idea a 360 gradi di lifestyle. Le vetrine non presentavano nessun oggetto poiché, secondo Barbara, “le persone dovevano essere catturate dall’interno del negozio”. Fece tesoro di quel clima elettrizzante, del fermento giovanile che stava cambiando la cultura del tempo. Tornò a Milano e, nel 1967, apri il primo Fiorucci Store in Galleria Passerella dove mescolò abiti, musica, libri, luci coloratissime.
Il primo store Fiorucci a Milano, 1967
All’inaugurazione si presentò Adriano Celentano con la sua band su una Cadillac rosa. Tenne un inatteso concerto. Lo store Fiorucci pareva un frammento di Londra allunato nella laboriosa e borghesissima Milano, diventando un punto di ritrovo di giovani pieni di vita e allergici alle convenzioni.
Da Fiorucci si ascoltava musica ad alto volume, si sceglievano vestiti dai colori shock, si compravano dischi d’importazione (era lo stesso Fiorucci che riempiva le valige di vinili acquistati a Londra), si sfogliavano libri e si faceva conversazione.
La pubblicità secondo lo stile street fashion di Fiorucci
L’intuizione del momento, l’aver colto i segnali del cambiamento prima di chiunque altro, gli aprono le porte del successo internazionale. Nascono store Fiorucci in tutta Europa, in Giappone, in sud America. È il Made in Italy che conquista il palcoscenico mondiale.
Interno dello store milanese di Piazza San Babila, Milano. Anni 80-90.
Nella moda è un innovatore. Gli capita di osservare delle giovani donne a Ibiza tuffarsi in mare con i jeans. Ne escono con il tessuto letteralmente incollato alle gambe e ai fianchi. Delle veneri moderne. Perché non trasformare un capo da lavoro e per il tempo libero in qualcosa di veramente seducente per le donne?
Il primo jeans storicamente fashion è Fiorucci. In tessuto elasticizzato, a vita alta, che disegna con garbo le curve femminili esaltandone l’intrinseca bellezza. E così per le gambe. È sempre Fiorucci che lancia commercialmente su larga scala, negli anni 70, la minigonna. Lo stile Fiorucci è la libertà.
La vetrina dello store Fiorucci sulla 59esima, a New York, inaugurato nel 1976.
Frequenta gli ambienti dell’avanguardia degli anni 70 e 80. O meglio sono i suoi stessi store a diventare luoghi d’incontro con personalità della cultura pop mondiale. Per esempio Andy Warhol scelse lo store sulla 59esima a New York, per lanciare la sua rivista Interview.
Scrisse al proposito che “da Fiorucci ho trovato tutto ciò che mi piace: tanta plastica e un mare di colori”. E per la cronaca, il progetto del negozio newyorkese fu affidato da Elio al grande Ettore Sottsass e al poliedrico Andrea Branzi, un duo da premio Oscar.
Lo Studio 54, inaugurato nel 1977 con la sponsorizzazione di Elio Fiorucci, sede delle feste più esclusive dell’avanguardia Pop internazionale
Nel 1977 fu inaugurato il mitico STUDIO54 a New York, con sponsor ufficiale Fiorucci. Qui si tenevano feste organizzate insieme a Maripol, Bianca Jagger, Andy Warhol e un giovanissimo Keith Haring. “Queste feste – raccontava in una bellissima intervista a Erica Vagliengo – erano la chiave stessa della vita, erano trasgressive, fantasiose, libere. Potevi entrare solo se eri un innovatore. Non contava l’età, il ceto sociale o il conto in banca. La discriminante era aver contribuito a ‘cambiare’ il mondo con il tuo talento. Era un posto frequentato da artisti, pittori, attori, musicisti, galleristi, scrittori. Tutta la cultura alternativa la trovavi lì”.
Elio Fiorucci ed Andy Warhol in occasione del lancio della rivista Interview presso lo store di New York.
E per mantenere fede alla sua idea di trasversalità, lo store di New York era concepito come un cluster di arte. “Non assumevamo commessi ordinari ma ragazzi e ragazze che si divertivano; in vetrina ci dormiva Colette Justine, grande artista multimediale, trasformando il negozio in una sorta di performance teatrale permanente; la musica che si ascoltava era straordinaria e si offriva il caffè a tutti”.
Jean Michel Basquiat in un fotogramma del film Downtown 81, dedicato alla sua opera di Street Artist.
Per festeggiare i 15 anni di attività (1967 – 1983) venne organizzata una serata, sempre allo Studio54 dove, su indicazione dell’incredibile amica Maripol, invita una giovanissima DJ che sognava di cantare. La DJ in questione era Madonna e tenne il suo primissimo concerto grazie Fiorucci. Contestualmente conobbe anche il talentuoso Jean Michel Basquiat, all’epoca compagno di Madonna, realizzando un film su di lui quale esponente di spicco del graffitismo, affiancato a un altro grande compagno d’arte, Keith Haring.
Lo store, come già dimostrato sin dalla sua nascita, ha strettissime relazioni con il mondo dell’Arte e della comunicazione. Pertanto non è un caso che nel 1983 Elio inviti Keith Haring a Milano ad affrescare a colpi di bombolette spray il negozio di Piazza San Babila. Svuota i locali e consegna lo spazio ad Haring che in due giorni e due notti lo trasforma. Il negozio diventa esso stresso opera d’arte e resta aperto tutto il tempo per dar modo alla gente di entrare e vedere l’artista al lavoro e, nel mentre, bersi un calice di vino gentilmente offerto.
La performance di street art di Keith Haring, nello store Fiorucci di Milano, 1983.
Gli anni Ottanta sono il decennio delle grandi collaborazioni come per esempio con Disney e con Du Pont. Nel 1990 cede le redini dell’azienda alla Edwin International SpA, società giapponese che mantiene a Milano la sede di design del gruppo. Tuttavia, il negozio Fiorucci di Galleria Passarella abbassa le serrande nel 2003, quando viene ceduto al colosso del low cost H&M.
Nel 2003 Fiorucci fonda ‘Love Therapy’, una linea con jeans, t-shirt e accessori, con dei simpatici nanetti colorati come logo, collaborando anche con OVS. L’impegno di Fiorucci non si è limitato alla moda. È stato un convinto difensore degli animali e un vegetariano di lungo corso. Disse: “Oggi quello che vorrei vedere, è la pace tra gli uomini e gli animali, non è possibile che trattiamo gli animali nel peggiore dei modi, abbiamo levato loro l’anima, la dignità, gli affetti”. Ha sostenuto importanti campagne animaliste contro l’uso delle pellicce.
Muore il 20 luglio 2015, poco dopo aver compiuto 80 anni. Manca il suo ottimismo e la sua naturale capacità di cogliere, dalla strada, i segnali anticipatori dei cambiamenti. Lui, antesignano dei cool hunter odierni, lascia attraverso le sue tante interviste un’eredità che è anche un incentivo a essere, nonostante tutto, ottimisti e coraggiosi: “Chi non ha immaginazione vive nella paura. Bisogna gettare il cuore al di là degli ostacoli“.
In copertina, Elio Fiorucci