Linda Salvatori – l’importanza dell’artigianalità
di Federica Capoduri.
Un design pulito, minimal, che nasce da una passione – e da una vera e propria esperienza sul campo – per la grande tradizione dell’artigianato, italiano e internazionale. La sua creatività è frutto di una continua ricerca che nasce da una sincera curiosità e voglia di esprimere una progettazione comunicativa, in grado di trasmettere emozioni, attraverso forme, materiali e un uso raffinato del colore.
Dopo un percorso formativo presso l’ISIA Roma Design, Linda Salvatori (romana, classe 1993), si specializza in Design del prodotto al Politecnico di Milano e, nello stesso tempo, svolge un Erasmus a Copenhagen, dove frequenta il master in Furniture & Objects presso la KADK – The Royal Danish Academy of Fine Arts. Conclusi gli studi avvia due importanti esperienze di tirocinio, la prima presso Nichetto Studio a Venezia e la seconda a Monaco di Baviera da Diez Office.
Inizi il tuo percorso lavorativo in una falegnameria di arredamento su misura. Cosa ti ha insegnato quest’esperienza diretta “in bottega”?
Per me sperimentare e lavorare con le mani è una parte fondamentale dell’iter progettuale. L’esperienza presso la falegnameria “Dolmen Artigiani del Legno” a Roma mi ha insegnato a entrare in contatto con la materia, a prenderne consapevolezza, a capire come lavorarla. Quello dell’artigiano è un mestiere duro, sempre più raro, ma i valori che lo caratterizzano, come la passione e l’attenzione che si dedica a curare ogni piccolo dettaglio, sono parte di quello che voglio portare nei miei progetti.
Amonì, servo muto in tubolare di ferro; all’interno del piano orizzontale circolare vi è una lastra di pietra lavica ceramizzata. Realizzato da un artigiano di carpenteria metallica del catanese
Dopo la pandemia, sei stata selezionata da Orografie e hai presentato “Amonì” – un servo muto molto dinamico – alla passata edizione del Supersalone. Raccontaci le emozioni che hai vissuto.
Quella con Orografie a Edit Napoli è stata un’esperienza rigenerante. Dopo il lockdown è stata una delle prime occasioni in cui mi sono ritrovata a progettare insieme a persone provenienti da tutta Italia, contaminata da idee, consigli ed esperienze diverse.
Lavorare con loro è stato molto interessante e stimolante, nonostante le difficoltà: la fase di sviluppo prodotto è avvenuta in pieno periodo di restrizioni, impossibile viaggiare per seguire da vicino la realizzazione del progetto. Per questo vedere il risultato finale dal vivo, esposto a Palazzo Litta, è stato veramente emozionante.
Amonì, dettagli di progetto e realizzazione
Amonì è senza dubbio un prodotto dalle larghe vedute, fatto per spaziare da un ambiente all’altro della casa. Questa precisa scelta potrebbe esser data dall’esigenza di avere sempre più oggetti piccoli e versatili?
Non è necessario che un prodotto sia piccolo, per me è fondamentale che sia versatile, in grado di cambiare, “scomparire” e “ricomparire” all’occorrenza. Amonì nasce come un oggetto senza un’identità precisa, non risponde a un’unica funzione, prende forma in base allo spazio che abita e alle necessità della persona che lo utilizza, non solo dal punto di vista funzionale, ma anche estetico.
Come ti relazioni con gli oggetti della casa? Ti affezioni o, più semplicemente, li usi e consumi?
I materiali, i colori e le forme che caratterizzano un oggetto mi trasmettono forti emozioni. Mi affascina come siano in grado di riflettere l’identità di una persona e anche influenzarne la vita. La casa è uno spazio che ci rispecchia, nel momento in cui avviene un cambiamento in noi credo sia naturale trasmetterlo all’ambiente circostante.
Avendo cambiato città frequentemente negli ultimi anni, ho iniziato a selezionare con ancora più cura gli oggetti di cui mi circondo e che porto con me. Sono quelli a cui sono più affezionata, che hanno una storia o un significato profondo.
Goldminen, sedia da bambini
Quali scelte ti hanno indirizzata verso la scuola KADK in Danimarca?
Ho un legame davvero speciale con il design scandinavo, sono cresciuta in mezzo alle sue forme: ammiro le sue linee morbide, i colori tenui, la naturalezza dei materiali. Lo sento parte del mio linguaggio.
Ho scelto di intraprendere questo percorso perché volevo sperimentare un diverso approccio progettuale, affrontare lo sviluppo del prodotto in modo più pratico attraverso la realizzazione di mock-up e prototipi. Il design danese mi ha insegnato a ricercare un dialogo e un confronto tra il prodotto in fase di formazione e la realtà circostante.
Dot Line, sistema d’illuminazione modulare
Invece cosa puoi dirci sul periodo trascorso in uno dei top Studio come quello di Luca Nichetto?
L’esperienza con Nichetto Studio è stata molto formativa, essere parte del team mi ha arricchito molto. Sono stata coinvolta in ogni fase del progetto, dalla ricerca al concept, dallo sviluppo del prodotto alla presentazione al cliente, imparando ad affrontare e sviluppare un progetto dal punto di vista di uno studio di alto livello. Grazie a loro e a questa esperienza ho avuto modo di riconoscere e valorizzare alcuni aspetti del mio modo di progettare.
Per contattare Linda Salvatori – linda.salvatori@outlook.com
Nell’immagine di copertina, la designer Linda Salvatori