Marva Griffin è una donna che ti guarda dritto negli occhi quando le parli, e ho il sospetto che riesca a guardarti anche un poco nell’anima. È una donna diretta e schietta, non ama giri di parole e lo si capisce dalla risposta alla mia prima domanda. Ma, prima di proseguire, vi spiego in breve di chi stiamo parlando.
Marva Griffin Wilshire, nota come “Lady Satellite” è l’ideatrice e curatrice del SaloneSatellite, la manifestazione per promuovere i designer under 35 che sono agli inizi della loro carriera. In oltre venti anni di edizioni, questa manifestazione ha visto la presenza di oltre 10mila giovani progettisti e più di 300 scuole internazionali di design. Tanti i premi e riconoscimenti che hanno costellato la sua carriera, l’ultimo, in ordine di tempo, lo ha ricevuto lo scorso 7 dicembre quando è stata insignita, dal sindaco di Milano Giuseppe Sala dell’Ambrogino d’Oro, il premio con cui il Comune di Milano valorizza le risorse umane e professionali della città premiando le sue istituzioni e i suoi cittadini benemeriti.
Di origine venezuelane, a vent’anni ha scelto di studiare lingue in Italia e, dopo Perugia, si è trasferita a Milano dove, grazie a un annuncio di lavoro apparso sul Corriere della Sera, è cominciato tutto: Cercasi assistente di direzione per viaggi e comunicazione. L’annuncio era della C&B Italia (poi B&B), guidata da Cesare Cassina e Piero Busnelli. E oggi, la incontro qui, in Foro Buonaparte a Milano dove ha sede il SaloneSatellite.
Torniamo all’intervista. In conferenza stampa si è parlato di molte cose ma non ci sono state anticipazioni sulle aziende che vedremo al Salone.
“Anche io sono giornalista, ho seguito il Salone del Mobile dal 1980 per Condè Nast, non mi aspetto che in conferenza si raccontino le anteprime che i brand esporranno al Salone, una manifestazione che non definirei semplicemente una fiera ma piuttosto un evento a livello mondiale, nel settore dell’arredo, come non esiste al mondo. Le novità si vedranno direttamente al Salone. Questo anche perché il produttore sta ancora lavorando con l’architetto o con il designer per finire il prodotto e quasi sempre i prodotti esposti sono dei prototipi. E poi, soprattutto qui in Italia dove i brand sono molto gelosi del loro lavoro e aspettano il giorno dell’apertura per mostrare le loro collezioni”.
E oramai ci siamo, il Salone del Mobile.Milano con relative biennali, aprirà i battenti il prossimo martedì 17 aprile (e fino al 22 aprile) in FieraMilano a Rho.
In conferenza avete parlato di fare ancor più sistema. Quindi aziende e istituzioni avranno un dialogo sempre più stretto in futuro?
“È il motivo del successo del Salone del Mobile che funziona proprio grazie a questo dialogo continuo. I produttori rappresentano la spalla portante del Salone, senza di loro non ci sarebbe nessuna manifestazione. Per questo si continua a lavorare insieme, per crescere insieme”.
Parliamo del SaloneSatellite, siamo al ventunesimo anno di vita, in tutto questo tempo si è assitito a un cambiamento nel design?
“Chiariamo subito un punto: i designer non seguono tutti la stessa strada e soprattutto non perseguono gli stessi obiettivi. Ognuno va per conto proprio, c’è quello che segue la sostenibilità, chi l’ecologia, chi predilige lavorare con un determinato materiale. In pratica, non c’è una sola strada e, quindi, non c’è una tendenza.
Ed è una domanda che spesso mi sento fare dai giornalisti: qual è la tendenza oggi del design? No signori, non esistono tendenze, è una fissazione. Anche perché un’azienda, prima di mandare un pezzo sul mercato, lavora anche sul marketing, fa ricerche per vedere se potrà funzionare, cosa che non fa un giovane designer per impossibilità strutturale o economica. Il giovane ha la creatività che mette a disposizione di un produttore che lo trasforma in prodotto di massa. Quindi non ci credo alle tendenze, ci sono situazioni che possono influenzare in qualche maniera la moda o l’arredo, però niente di più”.
A proposito di creatività, spesso i designer autoprodotti hanno delle ottime intuizioni ma trovano grossi ostacoli in Italia per farsi vedere e notare dalle aziende. In questo senso il Salone Satellite rappresenta per loro una importante opportunità, forse la più grande di tutte, rispetto ad altre manifestazioni del genere o mi sbaglio?
“Infatti coincide con il motivo della nascita del SaloneSatellite. Sono stata chiamata nell’autunno, era novembre del 1997, dal Cosmit per portare dentro al Salone internazionale del mobile giovani designer all’inizio della loro carriera, fino ad allora qualcuno esponeva i suoi lavori durante gli eventi Fuorisalone con l’obiettivo di farsi notare dai produttori. Così dopo la richiesta di Manlio Armellini, l’allora amministratore delegato del Cosmit, è nata la prima idea dell’evento. Mi ricordo che ho dovuto correre per essere pronta per l’edizione dell’anno successivo, aprile del 1998. Mi sono messa al lavoro, facendo ricerche e, come ho detto, ho lavorato sia per testate americane che francesi, e avevo una mia rete di conoscenze, fra cui parecchi giornalisti, in giro non esisteva niente del genere. Perfino alcune aziende, che adesso promuovono awards dedicati ai giovani, si sono lasciati ispirare dal successo mediatico del SaloneSatellite”.
Ma qual è il successo del SaloneSatellite?
“Il successo del SaloneSatellite non è Marva Griffin ma il fatto che i ragazzi, i giovani designer hanno modo di esporre i loro progetti e incontrare gli espositori che sono poi i futuri produttori del loro design. Ho visto espositori che al mattino, prima dell’apertura del Salone, si ritagliano un po’ di tempo per visitare il SaloneSatellite con calma. Molte felici collaborazioni tra designer e produttori iniziano proprio così”.
Quanti designer hanno esposto al SaloneSatellite in 20 anni di manifestazione?
“Credo si aggirino intorno ai 12 mila, tenuto conto che ogni anno sono in circa 600, moltiplichi per 20 anni, faccia il conto. Comunque partecipe del successo del SaloneSatellite è soprattutto l’imprenditoria italiana. Per quanto piccola o media che sia, azienda e designer, hanno un beneficio reciproco, per il designer la struttura e per l’azienda la creatività”.
Chi volesse partecipare al SaloneSatellite cosa deve fare?
“Va sul nostro link (salonemilano.it/espositori/modalita-di-partecipazione.html) e si iscrive. Ovviamente ci sono delle condizioni: avere meno di 35 anni, non aver partecipato ad altre fiere commerciali, e partecipare con prodotti che nessuno ha mai visto prima qui al SaloneSatellite. Non possono vendere, devono arrivare con prodotti che sono prototipi. Le partecipazioni vengono valutate da un Comitato di Selezione che decide chi ammettere alla manifestazione, che insieme a me valuta i progetti. Dopodiché, in base al nostro giudizio finale, vengono convocati”.
Il ricordo più bello che ha di tutti questi SaloneSatellite?
“Sono tanti – e lo dice con voce commossa -, per me è bello quando il ragazzo raggiunge il suo obiettivo. In genere, l’ultimo giorno di Salone, mi ritaglio la domenica mattina per fare un giro e salutarli e chiedergli come è andata. E sono tutti contenti: chi ha visto la stampa, i produttori, i musei. C’è stato un ragazzo, uno scultore del legno, Natanel Gluska, e Sotheby’s lo ha visto, e ha organizzato per lui una mostra “one man show” a Londra, dopo averlo notato al SaloneSatellite. Un altro nel 2011 durante il SaloneSatellite è stato invitato da un Professore del MIT di Boston. Dopodiché ha iniziato a fare la spola tra Losanna e Boston, oggi dirige un laboratorio di Design. Quest’anno tra l’altro sarà nella giuria dell’Award, si chiama Christophe Guberan”
Il limite rimarrà fisso a 35 anni?
“Vorrei portarlo ai 30. I ragazzi di 20 o 22, appena laureati, iniziano a inviare i loro disegni via email ma regolarmente finiscono nel cestino. Invece al SaloneSatellite hanno il loro spazio, che pagano, presentano i prototipi e hanno l’occasione giusta per incontrare aziende, produttori che possono studiarsi il prototipo da vicino e vederlo da tutte le angolazioni. E, se piace, inizia un rapporto di lavoro. Ho un lunghissimo elenco di giovani che hanno iniziato così e che oggi sono famosi designer internazionali”.
Lo dice con orgoglio, perché per lei sono tutti “figli suoi”. Qualche nome? Sorride, ma non fa nomi. Però li possiamo fare noi: Matali Crasset, Nendo, Satyendra Pakhalé, Sebastian Wrong, Big-Game, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, Francesco Librizzi, Andrea Borgogni, Francesca Lanzavecchia e tanti altri. Quindi, il consiglio che posso dare è che se fossi una giovane e sconosciuta designer, correrei da lei.
Le immagini del servizio sono di Andrea Mariani