Un’attenzione in più merita uno dei tanti particolari che formano quel progetto immenso chiamato Design Week o Fuorisalone. Il particolare, in verità molto significativo, si chiama Federico Conti Picamus, giovane graphic designer e illustratore che ha disegnato la mappa, di quest’anno, e una serie di personaggi e luoghi iconici della Brera Design Week 2018.
Mi ha incuriosito, perchè bravo e anche ironico (il che non guasta mai), e così ho deciso di saperne di più.
Mi racconti il tuo percorso personale e professionale?
Fughiamo ogni dubbio: Federico Conti Picamus è il mio nome completo! Spesso mi viene chiesto se sono di stirpe nobile, ma purtroppo (o per fortuna!) no, non è così. Quindi Picamus non è un nome d’arte, anche se forse a questo punto potrei valutare di farlo diventare tale.
Ho studiato allo IUAV di Venezia e all’ISIA di Urbino, maturando negli anni esperienze lavorative in diverse città d’Italia e all’estero. Il mio percorso accademico e professionale è in realtà più improntato sul graphic design che sull’illustrazione, attività quest’ultima che svolgevo prevalentemente nottetempo. Tuttavia i punti di convergenza tra le due discipline sono sempre più frequenti, e sto progressivamente riuscendo a far collimare quello che è il mio profilo “istituzionale” di grafico con la mia passione per il disegno.
Come sei arrivato a illustrare uno dei più importanti distretti della design week?
Per il lavoro su Brera sono entrato dalla porta sul retro: ad ottobre mi sono trasferito a Milano per collaborare con Studiolabo al rebranding del Brera Design District. A un certo punto ho proposto alcune illustrazioni che sono piaciute, e da lì siamo partiti con il progetto Design Week.
È stato difficile “mettere su carta” i diversi aspetti di Brera? A cosa o a chi ti sei ispirato?
Brera è un quartiere ricchissimo di spunti e ispirazioni, per raccontarlo è bastato guardarmi intorno. Qui c’è di tutto: artisti, designer, gioiellieri, antiquari, fashion blogger, cartomanti. In pratica un microcosmo di figure peculiari che, specie se accostate, possono creare effetti narrativi straordinari.
Da un lato nei miei personaggi ho voluto enfatizzare l’eccentricità a cui spesso viene associato il mondo del design e della creatività in generale; dall’altro ho rappresentato i punti di riferimento che rendono unico il distretto garantendone la riconoscibilità e mantenendone intatto il valore iconico; infine mi sono ripassato la storia del design industriale, selezionando una serie di prodotti caratteristici. È stato come comporre un mosaico, che tassello dopo tassello ha finalmente preso vita in un immagine organica. Credo che questo processo rispecchi fedelmente l’identità plurale del Fuorisalone, che trasforma la città in un caleidoscopio vulcanico e multiforme.
Dopo il Fuorisalone, i tuoi prossimi progetti?
Come prossimi progetti spero di intensificare l’attività da illustratore, mantenendola sempre parallela ai lavori di art direction e graphic design più a 360 gradi: un’alternanza che trovo molto salutare dal punto di vista creativo e ispirativo. Ma prima di tutto voglio godermi l’imminente Design Week.