di Marta Santacatterina.
Cosa distingue la Bologna Design Week dalle altre centinaia di settimane del design europee? Lo abbiamo chiesto a Enrico Pastorello, general manager della terza edizione dell’evento che si è svolto nella città felsinea.
“Senza dubbio una delle caratteristiche peculiari della BDW è l’aspetto formativo, perché molto profondo è il legame con l’Università di Bologna, e in particolare con il corso di laurea triennale in Design del prodotto industriale e quello magistrale in Advanced Design, senza dimenticare naturalmente l’apporto dell’Accademia di Belle Arti di Bologna”. Infatti, i giovani che frequentano queste due prestigiose istituzioni costituiscono il futuro dell’industria culturale creativa e permettono ai contenuti di uscire dal ristretto ambito accademico, per diffondersi nel quotidiano di tutti, come sottolinea anche il professor Flaviano Celaschi.
Poi, naturalmente, il fortissimo legame con il territorio, tanto che la rassegna, al suo nascere, si sarebbe dovuto chiamare “design sotto i portici”: quei portici sotto i quali passeggiano i cittadini, soffermandosi davanti alle vetrine dei negozi di arredamento e magari entrando per curiosare – quando possibile – nei cortili e nelle sale di antichi palazzi decorati.
Palazzo Isolani a Bologna.
Della BDW colpiscono infatti, prima di tutto, le location scelte: gli headquarters a Palazzo Isolani e all’Ex Ospedale dei Bastardini, le altre main location in Palazzo Pepoli Campogrande – sede della Pinacoteca Nazionale di Bologna –, nella chiesa sconsacrata di Santa Maria della Neve e nella Galleria Cavour.
Palazzo Isolani, che si affaccia su piazza Santo Stefano, è una costruzione quattrocentesca che conserva ancora oggi ambienti decorati nel XVIII secolo: nella sua Sala dei Senatori ha ospitato la mostra “L’originale è Vitra“, una riflessione sull’importanza e la dignità di un prodotto originale, che scaturisce da uno studio e una collaborazione tra designer e produttore, rispetto alle tante copie che violano i diritti e si sottraggono alle responsabilità.
Di grande fascino anche gli altri ambienti, dove il passato si è temporaneamente sposato con gli arredi Molteni&C|Dada, con i prodotti della Vetreria Bazzanese e di altre aziende selezionate.
A destra, Veduta della mostra Vitra: l’originale è Vitra, Palazzo Isolani, a sinistra Veduta della mostra Molteni&C!Dada: Temporary Living Space, Palazzo Isolani, Salone del Settecento, ph. Marta Santacatterina
Ritornando verso le celebri Due Torri e imboccando via Castiglione, si raggiunge in un attimo Palazzo Pepoli Campogrande che ha dedicato una mostra notevole su Dino Gavina, grande imprenditore, designer ed editore. Se le bacheche contengono libri e documenti, la sala con gli arredi da lui prodotti, e presentati anche smontati per illustrare le tecniche, le novità, le soluzioni ideali, è stata allestita impeccabilmente, sposando gli aspetti didattici a quelli estetici.
Veduta della mostra Scatto libero. Dino Gavina dieci, Palazzo Pepoli Campogrande, ph. Giacomo Maestri.
Se l’oratorio di Santa Maria della Neve ha ospitato i workshop e la Galleria Cavour ha allestito due set della mostra Milleluci di cui vi abbiamo già parlato, il grande complesso dell’Ex Ospedale dei Bastardini ha accolto nei suoi spazi affascinanti e dall’aria decadente, nonché ricchi di storia, alcune tra le installazioni più interessanti. Paolo Castelli, leader nei settori fine furniture e lighting, ha reso possibile il contest e la relativa mostra delle fotografie finaliste di Cathedral of Light, dedicata alla luce e alle architetture di Bologna, e ha esposto le opere all’interno di una struttura a spirale collocata nella cappella del Chelini, sormontandola dal suo Allure Chandelier.
Veduta della mostra Cathedral of Light, Ex Ospedale dei Bastardini, ph. Marta Santacatterina.
Geberit e Pozzi-Ginori hanno invece mostrato non solo le loro referenze, ma anche quello che c’è dentro. E quale miglior modo per scoprire ogni singolo dettaglio tecnico, se non stampando in grande formato le radiografie di sanitari, placche e rubinetteria? The hidden side of design è in fatti il sottotitolo della mostra Non Ordinary Objects, mentre Gruppo Ceramiche Ricchetti ha proposto l’altrettanto suggestiva Ceramic Light by Massimo Iosa Ghini.
Veduta della mostra Non Ordinary Objects, Ex Ospedale dei Bastardini, ph. Marta Santacatterina.
Veduta della mostra Ceramic Light by Massimo Iosa Ghini, Ex Ospedale dei Bastardini, ph. Marta Santacatterina.
Negli ambienti che si aprono sul cortile, infine, una passeggiata tra le produzioni dei designer: tra tutti, ci fa piacere segnalare l’idea di Alessandro Vaccaro e Alberto del Grosso che, con il marchio MAENDI®, hanno portato spagh#ETTO, un dosatore di spaghetti in legno di ulivo selvatico o in pietra di Apricena che è anche tagliere e posa pentola (in vendita sul sito maendi.com da € 49).
spagh#ETTO di Alessandro Vaccaro e Alberto del Grosso.
Nell’immagine di copertina, veduta della mostra Scatto Libero. Dino Gavina dieci, Palazzo Pepoli Campogrande, ph. Marta Santacatterina.