Design, tecnologia e atmosfera con Reactive Light
di Marta Santacatterina.
Luce accesa o luce spenta. Ma sono ancora solo queste le due possibilità che offre il caro vecchio interruttore? Ovviamente no, e chi progetta i sistemi di illuminazione lo sa bene già da molti anni, come del resto i designer che dispongono di infinite possibilità di creare nuove forme impiegando in particolare i funzionali e versatili LED. E c’è chi non si occupa solo di innovare le forme e le basi tecnologiche: un progetto ( denominato Reactive Light) condotto dal dipartimento di Design della Weissensee Art Academy di Berlino, coordinato dalla professoressa Carola Zwick, si è infatti posto l’obiettivo di inventare luci in grado di innescare un rapporto profondo con l’ambiente nel quale sono collocate e con la persona che ne fruisce. I risultati dei giovani designer sono sorprendenti e qui vi presentiamo quelli che più ci hanno colpito.
Breeze, di Xinyye Yang – video
Breeze, di Xinyue Yang, è stata creata pensando a come si genera la luce in natura e ai processi di addomesticamento del fuoco: per accenderlo c’è infatti bisogno d’aria, e di conseguenza per accendere Breeze basta soffiare sul sensore che “magicamente” la rende luminosa; ma non solo, è sufficiente che uno di questi dispositivi tocchi un altro dispositivo uguale e quest’ultimo si accende, come il fuoco si propaga per vicinanza e come la torcia olimpica viene passata ritualmente da un atleta a un altro fino a giungere a destinazione. Breeze può essere trasportata tenendola in mano oppure piantata in esterno sulla terra, come se fosse un fiore: e se soffia il vento, la sua luce si fa più splendente.
Dash, di Mattis Obermann.
Mattis Obermann, con il progetto Dash, si è invece posto l’obiettivo di trasformare un’intera parete in fonte luminosa. Una lampada sottile e lunga appoggiata sul pavimento e rivolta verso il muro, crea infatti un’atmosfera di luce diffusa e modifica addirittura la percezione dello spazio, facendo sembrare la stanza più alta e la luce proveniente direttamente dall’architettura. Ma Dash non si ferma qui: la striscia di LED è controllata da un “hub” Bluetooth che percepisce i gesti delle mani e regola la temperatura della luce e la sua potenza: e come infiniti sono i gesti umani, infinite sono anche le varianti dell’illuminazione offerta da Dash.
Komorebi, di Christoph Volbers – video
Dai gesti umani alla natura: alla variabilità della luce del sole che filtra in un bosco tra i rami e le foglie si ispira il lampadario Komorebi di Christoph Volbers che proietta sulle pareti lievi ombre in continuo, lentissimo, movimento ottenuto grazie a tre globi di vetro decorati da una texture che viene proiettata nello spazio circostante: il risultato è un’atmosfera capace di stimolare la creatività, incrementare le percezioni e incoraggiare una tranquillità concentrata.
Nomad, di Dario Jérome Dammé e Prak Piaktot.
Jeggo, di Jing-Wen Tang e Ying Li- video
Le lampade Nomad, di Dario Jérome Dammé e Prak Piaktot e Jeggo, di Jing-Wen Tang e Ying Li condividono invece l’idea dello spostamento, di poter portare con sé un punto luce e per usarlo dove e quando serve. La prima è versatile, può essere utilizzata come luce principale, da tavolo o per la notte e la sua forma si ispira alle antiche lanterne a petrolio; è realizzata in acciaio per renderla stabile ovunque venga appoggiata e ha una batteria ricaricabile. Jeggo è invece un dispositivo che intende aiutare il recupero psichico che fisico dal jet lag attraverso un sistema di luci e suoni: il dispositivo si sincronizza infatti con il “jet lag plan” aiutando l’orologio biologico ad abituarsi all’orario di destinazione attraverso luci differenti, proiezioni ed effetti sonori rilassanti.
Light piece, di Nitzan Ron – video .
Ancora al tempo si lega Light piece di Nitzan Ron, ma in questo caso un tempo antico, quello che nel passato si misurava con la clessidra: la lampada infatti si ispira alla lenta caduta della sabbia e il suo timer rappresenta la luce come un elemento tangibile e materiale che funziona mediante effetti di gravità e peso. Una volta spenta, basta capovolgere Light piece per riaccenderla.
Josh, di Alissa Wolter – video
Infine, la lampada sospesa Josh di Alissa Wolter sfrutta la sua posizione per regolare la temperatura, la luminosità e la direzione della luce: Josh si adatta alle diverse funzioni a seconda di come viene posizionata e la sua forma richiama le vecchie lampade da soffitto, ma all’interno di caratterizza per un sofisticato sistema di controllo digitale che consente una comunicazione diretta, quasi simbiotica, tra oggetto e utente.
Sul sito reactivelight.de sono presentati anche gli altri progetti: scopriteli e lasciatevi affascinare dalle nuove ricerche sull’interazione tra le persone e l’illuminazione artificiale.