di Laura Tasso.
Facciamo un passo indietro nel tempo e torniamo al 1926, l’anno in cui l’architetto Margarete Schütte-Lihotzky, viennese, realizzò una cucina di nuova concezione per un progetto di edilizia residenziale a Francoforte. Da qui il nome con cui è conosciuta, la cucina di Francoforte.
Trattandosi di appartamenti piccoli, Schütte-Lihotzky creò un ambiente estremamente razionalizzato, nel quale poter limitare i movimenti e avere tutto a portata di mano. Era nato un nuovo concetto di cucina, adatto a una donna che non si occupava solo della casa, ma stava acquistando un ruolo sempre più importante nella società.
I mobili sono componibili e modulari, realizzati in legno dipinto di blu con le ante vetrate. Sono previsti contenitori di alluminio etichettati per riporre gli ingredienti di uso più comune, i fornelli, una novità per l’epoca, piani di lavoro in legno di faggio perché resistenti a macchie, acidi e ai segni, e persino un’asse da stiro a scomparsa. A completare l’ambiente uno sgabello, vero e proprio jolly, e una lampada regolabile in altezza.
Schütte-Lihotzky, a dire il vero, realizzò la cucina di Francoforte in tre diverse varianti, ma quella la più diffusa fu la prima versione, la più piccola, prodotta in circa diecimila unità, un grande successo per l’epoca. Un vero capolavoro di design, oggi esposto in una lunga serie di musei come il MAK di Vienna, il MoMA di New York e il Victoria and Albert di Londra. Un capolavoro che ha ispirato il moderno concetto di cucina.
(Replica della cucina di Francoforte, MAK, Vienna – foto di copertina: © Gerald Zugmann/MAK – foto del servizio: © Lois Lammerhuber/MAK)